lunedì 9 giugno 2014

Tra cuccioli ci si intende: intervista ad Annamaria Manzoni

Psicologa e psicoterapeuta, Annamaria Manzoni si occupa da molto tempo dell'importanza del rapporto uomo-animale nello sviluppo psicologico ed emotivo dei bambini. Non solo infatti è l'autrice di testi ben noti a chiunque si occupi di tutela degli animali (come Noi abbiamo un sogno e In direzione contraria): componente dal 2003 del Consiglio direttivo del Movimento Antispecista, è stata altresì la promotrice di un documento (sottoscritto attualmente da 650 psicologi) riguardante la valenza antieducativa di tutti quegli spettacoli (a cui i bambini possono assistere presso gli zoo, ai circhi e nel corso di sagre) che prevedono un trattamento non rispettoso nei confronti degli animali.
Purtroppo il mancato rispetto della sensibilità dell'animale e della sua capacità di provare dolore, sofferenza, paura è una realtà quotidiana, diffusa non solo in ambito circense: si va dall'orrore comunemente accettato degli allevamenti lager alla considerazione dei cosiddetti "animali da compagnia" come oggetti con cui gingillarsi sino ad arrivare agli abbandoni, alle torture e alle sevizie, agli atti di bullismo compiuti su coloro che sono "i deboli" per eccellenza. A tale proposito, ho chiesto ad Annamaria Manzoni quanto profondamente il rapporto uomo-animale possa influenzare lo sviluppo dell'empatia nel bambino, nell'adolescente e nell'adulto...
«Può essere assolutamente fondamentale. Bisogna partire dalla considerazione che i bambini hanno una fondamentale attrazione verso il mondo degli altri animali e gli adulti ne sono, con un gioco di parole, inconsapevolmente coscienti. Non è un caso, infatti, che sostengano questa attrazione circondando il mondo dei bambini con immagini di ogni tipo di animale: ne riempiono le camerette, i parchi giochi, le favole: contestualmente sembrano non fare riflessioni al proposito, non si chiedono come mai, quando invece la risposta potrebbe aprire vasti campi cognitivi perché ci parla in fondo della nostra stessa animalità, con cui i bambini appaiono direttamente connessi, prima che l’educazione vada nella direzione di un progressivo distacco quando non negazione di questa nostra parte; lasciano che le cose poi avvengano con un naturale adeguamento dei bambini alla vita degli adulti. L’offerta regolare di cibo di provenienza animale ne è la prova più evidente: si fa in modo che il bambino in modo naturale faccia proprie le norme degli adulti. La relazione che i grandi hanno con gli animali costituisce un costante diretto modello offerto ai piccoli: se in casa c’è attenzione, riguardo e amore per quelli  che vivono in famiglia, e in Italia sono milioni, verrà offerto un esempio empatico che il bambino troverà normale seguire; se l’animale  di casa è l’uccellino in gabbia,  imparerà che noi degli animali siamo padroni, li possiamo mettere dietro le sbarre senza preoccuparci dei loro bisogni, della naturale volontà di volare insita nel possesso stesso delle ali. Se poi l’esempio che si trova ad introiettare è quello di maltrattamenti visibili ed  espliciti,  al gatto, al cane, questa sarà la naturale relazione che verrà considerata normale: i più deboli si dominano e su di loro si possono compiere prepotenze, senza sensi di colpa perché è cosi che si fa
Annamaria Manzoni
D - Esiste dunque un filo rosso che collega tutte le forme di violenza sui più deboli? Penso ad esempio - oltre al matrattamento sugli animali - al bullismo nelle scuole, al femminicidio... Stiamo davvero costruendo, tassello dopo tassello una "cultura della violenza" e della sopraffazione?

R - Che la violenza sugli animali sia intimamente connessa alla violenza sugli uomini è un dato incontrovertibile, degno di doverosi approfondimenti. Non si può ignorare, per esempio, che quando si ricostruiscono biografie di persone “violente” gli operatori tendono sempre a ricercare prodromi di comportamenti devianti andando ad indagare precedenti episodi, che abbiano avuto come oggetto per esempio danni alla proprietà e vandalismi di vario genere, ma si dimenticano regolarmente di indagare esperienze di crudeltà sugli animali: è molto comune quindi che si legga di bambini o adolescenti rei di vetri rotti o scasso d’auto, ma non compaiano episodi di animali torturati. Ahimè, non perché non abbiano avuto luogo, ma semplicemente perché non si è presa in considerazione la necessità di prendere in considerazione questo ambito. Semplicemente non è ancora entrata nel pensiero comune questa connessione tra la violenza esercitata sugli animali umani e quella sugli animali non umani. Dove questi studi vengono compiuti, per esempio negli Stati Uniti, è ampiamente dimostrato, per esempio,  che nelle famiglie in cui un elemento violento, di solito il capo famiglia, è crudele con la compagna, a rischio sono anche i bambini e, se ve ne sono, gli animali d’affezione. Per non parlare, facendo riferimenti estremi, della presenza nella biografia di serial killer di ripetuti drammatici episodi di violenza sugli animali.
D - Possiamo perciò parlare di un vero e proprio "danno psicologico" nei bambini e negli adolescenti che sono in qualche modo costretti ad assistere ad episodi di violenza contro gli animali? Penso, ad esempio, alla recente spettacolarizzazione della morte della giraffa Marius, presso lo zoo di Copenaghen, o a tutti quei bambini che fin da piccoli vengono condotti a caccia dai genitori...

R - Assolutamente sì. Hanno avuto luogo molte aberrazioni  nello zoo di Copenaghen, a partire dall’uccisione di animali (giraffa prima e leoni dopo) su cui era già stata fatta la violenza di segregarli, solo perché considerati "di troppo". "Di troppo" secondo valutazioni compiute nell’ottica squisitamente umana, all’interno di un paradigma totalmente antropocentrico. A questo si è aggiunta l’arroganza di esibire pubblicamente la cosa, quasi a dimostrazione di uno strafottente potere di vita e di morte che non deve rendere conto a nessuno, e di averne fatto spettacolo per bambini. Per capirne le conseguenze a livello psicologico, basta interrogarsi su quello che quei bambini possono avere pensato: hanno visto uno spettacolo francamente raccapricciante, sangue, nervi e muscoli di uno splendido animale, che magari era stato loro “amico”, che erano andati a vedere ed avevano ammirato o guardato incuriositi, mano nella mano con mamma e papà che magari li esortavano, quell’animale, ad apprezzarlo nella sua bellezza e nella sua peculiarità: lo hanno visto ucciso, squartato, tagliato, dato in pasto ad altri. I bambini imparano quello che si insegna loro: hanno allora imparato che l’uomo può a suo piacimento disporre della vita di altri esseri, non importa se miti e innocenti, può farlo con tranquillità e senza pena, con crudeltà estrema e totale insensibilità: lui domina e decide, l’altro non può che soccombere.
D - Come insegnante, non posso fare a meno di domandarmi in che modo la scuola possa intervenire per aiutare bambini e adolescenti a sviluppare la dote preziosa dell'empatia...

R - La scuola è luogo di educazione per antonomasia. Ogni insegnante trasferisce non solo contenuti riferiti a competenze rigidamente confezionate, ma possiede amplissima possibilità di sviluppare temi che il suo giudizio e la sua sensibilità connotano come importanti: questo è fondamentale in assenza assoluta di programmi strutturati sull’educazione al rispetto di ogni essere vivente. Programmi che ben oltre un secolo fa erano stati proposti negli Stati Uniti con il nome di Human Education, poi abortiti per mancanza di fondi, deviati evidentemente su temi ritenuti più importanti, che aveva lo scopo proprio di instillare negli alunni l’attenzione a tutte le forme di vita, umane e non umane, partendo già  dalla scuola primaria. In ogni caso, ad ogni età è non solo possibile, ma doveroso  intervenire; per altro, coscientemente o incoscientemente, lo si fa sempre: anche attraverso il silenzio su questi argomenti, che è significativo ed è esso stesso una forma di (non)educazione: non esistono limiti di età. E’ nell’esperienza di tutti noi come, in periodi diversi della nostra vita, insegnamenti, esperienze, conoscenze ci abbiano aperto nuovi mondi, nuove concezioni della vita, che si sono poi andate strutturando coniugandosi alle nostre particolari caratteristiche, temperamentali, cognitive, comportamentali. Meglio se ciò avviene prima che riusciamo, non rendendocene conto, a fare tanto male ad esseri indifesi. In ogni caso, allo stato attuale delle cose, e in assenza di programmi specifici (in realtà in cui - è bene ricordarlo - Comuni ed enti pubblici offrono biglietti gratis per circhi sul territorio) moltissimo può fare lo spirito di iniziativa di singoli insegnanti: basta pensare a quale immenso serbatoio di sensibilità nei confronti degli animali sia costituito da libri e brani scelti, che la scuola è il luogo più adatto per proporre. 

Brani che personalmente, durante il mio lavoro quotidiano nella scuola secondaria superiore ho tratto non solo dalla letteratura, ma anche da opere di saggistica quali i libri della Manzoni, scritti sempre con grande chiarezza e competenza: un vero e proprio stimolo per insegnanti ed educatori, oltre che per gli allievi.
La sua ultima pubblicazione è Tra cuccioli ci si intende (Graphe.it edizioni), dedicato ancora una volta a coloro che sono gli antispecisti per eccellenza: i bambini.


Il booktrailer di Tra cuccioli ci si intende - Graphe.it edizioni

Annamaria Manzoni
Tra cuccioli ci si intende
Graphe.it edizioni, 2014

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